Moralità Leggendarie

Salomé 

IV

Coi gomiti sul davanzale dell'osservatorio Salomé, che ha in uggia le feste nazionali, ascoltava il mare intimo delle belle notti.
Un tutto esaurito di notte stellata! Eternità di braceri allo zenit! Oh! di che smarrirsi, si fa per dire, in un esilio dei più celeri! ecc.
Salomé, sorella di latte della Via Lattea, non lasciava il suo in sé altro che per le stelle.
Grazie allo spettro, sulla scorta della fotografia a colori delle stelle cosiddette gialle, rosse, bianche di sedicesima grandezza, Salomé s'era fatta squadrare dei diamanti esatti per disseminarli nella capigliatura e su tutta la sua bellezza e sulla camicia da Notte (mussola viola gran-lutto a pallini d'oro) onde conferire a quattr'occhi sulle terrazze con i suoi ventiquattro milioni di astri, come un sovrano che dovendo ricevere i suoi pari o satelliti li dispone nell'ordine secondo le loro circoscrizioni.
Salomé disprezzava i volgari capocchioni di prima seconda grandezza, ecc. Fino alla quindicesima grandezza gli astri non appartenevano al suo mondo. Del resto, spasimava solo per le nebulose-matrici; non le nebulose già formate, dai dischi planetiformi, ma le amorfe, le perforate, quelle a tentacoli. - E la nebulosa di Orione, un pasticcio gassoso dai raggi striminziti, restava pur sempre la gemma prediletta della sua corona a barlumi.
Ah! care compagne delle praterie stellari, Salomé non è più la piccola Salomé! E quella notte avrebbe visto nascere un'era nuova di relazioni e di cerimoniali!
Anzitutto, esorcizzata dalla sua verginità tissulare, già si sentiva, al cospetto di quelle nebulose-matrici, ugualmente fecondata da evoluzioni rotatorie.
Dipoi, il fatale sacrificio al culto (davvero fortunata d'uscirne così a buon prezzo!) l'aveva obbligata all'atto (grave, si ha un bel dire) chiamato omicidio, affinché l'iniziatore sparisse.
Infine, per guadagnarsi il silenzio mortale dell'Iniziatore, aveva dovuto servire a delle genti contingenti l'elisir, anche se allungato, distillato nell'angoscia di cento notti della tempra di questa attuale.
Massì, era la sua vita; Salomé era una specialità, una piccola specialità.
Ora lì, la testa di Giovanni (come già quella di Orfeo) brillava su un cuscino tra i frammenti della lira d'ebano, spalmata di fosforo, lavata, imbellettata, inanellata, ghignando ai ventiquattro milioni di astri.
Non appena in possesso dell'oggetto, per sgravio di coscienza scientifica, Salomé aveva tentato i celebri esperimenti postdecollatorii di cui tanto si parla; se lo aspettava: i passaggi di corrente non provocarono sulla faccia che delle smorfie senza importanza.
Un'idea, però, ce l'aveva.
E dire che non abbassava più gli occhi dinnanzi a Orione! Per dieci minuti buoni s'irrigidì a fissare la mistica nebulosa delle sue pubertà. Che notti, che notti future per chi avrà l'ultima parola!...
E quei cori, quelle salve di spari, là dove si stende la città!
Finalmente si scosse, da persona ragionevole, rialzando il suo scialletto; e scovò su di sé il torbido e sabbiato opale d'oro grigio d'Orione che depose nella bocca di Giovanni come un'ostia; misericordiosamente, ermeticamente baciò quella bocca, e la sigillò col suo marchio corrosivo (procedimento istantaneo).
Salomé attese, un minuto!... nessun segnale attraversò la notte!... con un «suvvia!» vivace e irritato impugnò nelle sue piccole mani di donna quella zucca di genio...
Desiderando che la testa cadesse in pieno mare senza prima fracassarsi sulle rocce delle fondamenta, prese un certo slancio. Il relitto descrisse una bastante parabola fosforescente. Oh! che nobile parabola! - Ma l'infelice piccola astronoma aveva calcolato assai male il suo slancio! sbilanciata oltre il parapetto, e con un grido finalmente umano! rimbalzando di roccia in roccia Salomé finì rantolante dentro un anfratto pittoresco lavato dai flutti, lungi dai rumori della festa nazionale, lacerata al vivo coi suoi diamanti siderali penetrati nelle carni, il cranio sfondato, paralizzata dalla vertigine, insomma conciata, agonizzando per un'ora.
E non le fu data neppure la grazia di vedere la testa di Giovanni che galleggiava sul mare come una stella fosforescente...
Quanto ai cieli lontani, erano lontani...
Così trapassò Salomé, almeno quella delle Bianche Isole Esoteriche; meno vittima del caso illetterato che dell'esser vissuta nel fittizio e non alla buona, come ciascuno di noi è uso fare.

Jules Laforgue

Salomé