III
Le campane avendo preso fiato come
esseri umani, ciondolarono ancora un bel po' in seno all'inconsulta Natura, la
quale ignora se è più «naturata» o più «naturante», pur unendo i due estremi.
Si avvertiva, al rumore, l'incedere
della Processione di Colui che regna nei cieli. Si sentiva la fanfara. La processione apparve.
Venivano primi due giovani cantori in
robbia, praticoni e disincantati, l'uno con l'incensiere, l'altro con la gran croce d'argento vecchio.
Dietro, in uno scalpiccio di gregge,
una scuola di ragazzetti, due per due, vestiti a festa dalle povere mamme che
s'erano fatte in quattro, tutti col libro dei salmi aperto sul fondo del loro
cappello, pigolando straccamente le loro litanie alle acacie a ombrello del
Corso. I due in testa, assettati come degli influenti omarini borghesi,
inalberavano un ponderoso stendardo di crespo usato di cui altri due, meno
influenti, reggevano i fiocchi. A un tratto il padre di uno di costoro,
uscendo dalla siepe degli spettatori, avanzò nei ranghi e con un'aria di
parrocchiano sistemò la riga impomatata del commovente Eliacin col suo
personale spazzolino da barba. Gli ultimi quattro del gregge, i più
grandicelli e palliducci nel loro abito nero da comunicandi, offrivano la
spalla alle stanghe di una barella dove troneggiava una Pietà, stile rue
Saint Sulpice. Quattro cantori con tanto di gibus strinato, riccamente
inguantati e con sciarpa sgargiante a croce di Sant'Andrea, sorvegliavano
andando e venendo il tutto, pugno sul fianco come degli ufficiali di cerimonia.
Venivano quindi le bambine, angioletti di zucchero d'orzo, tutte in bianco cinturato d'azzurro, i capelli
ricci incoronati di mughetti, le braccia nude a reggere cestini di petali da
spargere, che delle borghesi danarose scortavano sotto ombrellini materni.
Poi delle collegiali non in divisa e
in abbigliamento dimesso che con voce incerta elevavano un cantico.
Poi un accalcarsi di educande in
bianco, qualche congregazione di Figlie di Maria, con coroncina e guanti,
eccessivamente presentabili, a scorta qua di uno stendardo, là di una barella
col suo idolo di cartapesta, vaghe rustiche reliquie.
Ancora in bianco, una fila raccolta
di comunicande dai lunghi veli pieghettati, occhi bassi, mani giunte in punta,
mormoranti all'unisono cose che il cuore sa ritenere. (Ah! quando c'è di mezzo il cuore...)
Ora era la volta della banda,
robusta, preceduta dal corpo dei pompieri, una chiassosa banda paesana in
finanziera e gibus: ottoni ammaccati al ritorno dai balli di nozze, clarini di
minchioni in bisboccia, e la botte della grancassa dalla pelle piena di lividi
e con la pagina di musica sozza per l'uso, ficcata in cima allo strumento.
Stavano giusto macellando la marzia nuziale dal Sogno di una Notte d'Estate di Mendelssohn.
Ancora quattro bimbette scelte, con i
cestini pieni di petali di rose da spargere e finalmente, su quattro pertiche
tenute da uomini importanti, era la volta del baldacchino rosa frangiato d'oro
che riparava l'ecclesiastico officiante il quale, pomposo all'aspetto ma
annichilito nell'intimo, offriva a quei fedeli di strada il sole leggendario del Santissimo Sacramento.
E il baldacchino fece sosta dinnanzi
all'edicola dell'albergo di Francia!
O passi attutiti d'unzione edificante,
silenzio in pieno giorno al sole, campanella dal suono gracile e sacro come a
messa nel momento dell'elevazione, colpi d'incensiere! Di tutta evidenza, il
Santo Sacramento era il centro della processione.
I signori si erano scoperti, numerose
signore s'inginocchiavano sul bordo del marciapiede. Non vi fu uno scettico di
lusso che osasse prendere la parola.
O silenzio in pieno giorno al sole,
campanella dal suono gracile e sacro come a messa nel momento dell'elevazione,
incensieri alzati da nuvole di omaggi! Erano tutti in visibilio.
Ma per Ruth, la sventurata e tipica
eroina che mi sono eletto! questo silenzio affascinante al punto di urlare,
questa campanella gracile e implacabile da Giorno del Giudizio non è forse l'arnese
delle desolazioni, delle desolazioni delle ingiuste valli d'oltretomba dove l'altro
erra, il Suicida, il Suicida per troppo amore, il Suicida senza tante
definizioni, col suo buco in fronte?...
E disgiungendo le mani febbrilmente pie essa s'aggrappa al braccio del fratello e riprende a vagire dal fondo dei suoi sonnambolici limbi:
- Il sangue, il sangue, là sull'erba!...
Tutti i profumi d'Arabia... O Patrick, se solamente sapessi perché. Io
piuttosto di un'altra, in questo vasto mondo dove il nostro sesso è in maggioranza?...
E Patrick che ora potrebbe gridarle
davanti a tutti: «Sei tu che hai cominciato!» invece le carezza le mani, le
passa il flacone dei sali muschiati e aspetta con dolcezza, senza scandalo, benché la senta svenuta.
Il sacerdote portatore del Santo
Sacramento si volta un attimo con ostentazione verso la ricca giovane malata
per gratificarla a distanza, d'un moto di labbra, del suo santo ministero.
In quello stesso istante fu vista una
bimba, spinta da un giovane che radioso e teso restava al suo posto, uscire
dai ranghi una bimba rossa di vergogna ma come mossa da un ordine terribile,
salire la scalinata e venire a spargere attorno allo sdraio della povera
svenuta tutte le rose rosa del suo cesto. (E mancò poco che cadesse ridiscendendo).
Vi sono nella vita dei minuti
assolutamente strazianti, strazianti per ogni classe sociale. Questo non lo fu,
ma ve ne sono; e l'eccezione non può che confermare la regola.
La processione si mosse, ora diretta
a incensare col Santo Sacramento la Santa Teresa dell'albergo d'Inghilterra,
di un isterico policromo rococò, prima d'incensare a sua volta l'altare di
famiglia della duchessa H. In testa avevano ripreso i cantici, e la coda della processione sfilava.
Sfilava, la coda della processione.
Prima i valletti della regina decaduta; poi, su due file, tutto un senato di
borghesi col cappello in mano, stigmatizzati in modo indelebile dai loro
mestieri: dai macellai apoplettici ai pallidi pasticceri; poi i paesani, curvi,
stratificati, dai crani malfatti, col berretto in mano, due o tre sulle grucce,
qualcuno solitario che si dice addosso le orazioni; poi le suore di carità,
maniche larghe a manicotto e con le cuffie le cui ali palpitano come Spiriti
Santi mostruosamente inamidati per volere di una religione dai riti veleggiati
via; poi delle dame col parasole, e delle domestiche; poi delle contadine in
scialli del tempo che fu, col gozzo cotto dal sole; qua e là a intervalli un
uomo o una donna sgranando a gran voce il rosario mentre i vicini mormorano responsori.
E la processione del Corpus Domini
chiudeva, stupidamente tronca, chiudendo su una frotta di timide domestiche.
E il pubblico non irregimentato filava via verso la lista delle vivande tra la polvere e i petali finiti sotto i piedi.
Tuttavia, mentre si smonta l'edicola:
Passata la festa, gabbato lo santo!...
Ruth si è ridestata e guarda, esulta,
una mano sulla piastra di smalto che inchiavarda l'asessuato petto, l'altra
che indica in giro:
- O Patrick, Patrick! Guarda, al
posto del sangue vi sono delle rose! Non più sangue ma rose di un sangue
trascorso e ormai riscattato! Oh! dammene una che la tocchi...
- Però, è proprio vero! fa Patrick, col suo tenero istinto e tutto preso dalla sorella, senza riflettere. Oh! sangue davvero tramutato in rose...
- Allora è salvo, Patrick?
- Ma sicuro, è salvo.
La sorella si riempie le mani di petali e vi singhiozza dentro.
- Poveretto! ora sì che non dovrò più occuparmi del suo stato.
Il tutto chiuso da un accesso di tosse che è giocoforza annaffiare con l'eterno sciroppo benzoico.
Perché, grazie alle rose rosa dell'anonima bimbetta così provvidenzialmente sfogliate in loco, Ruth era
esorcizzata delle sue allucinazioni e poteva ormai dedicarsi tutta all'unico e
non contagiato travaglio della sua tisi, di cui riprese il diario con una
penna intinta in un calamaio a fiori blu tipo Delft.
Inutile dire che non seppe mai che
quella stessa sera del Corpus Domini il fratello della bimbetta dal cesto di
rose miracolose si suicidava in una camera d'albergo, col pensiero rivolto a
lei, avendo a testimone unico dello stato del suo povero cuore Colui che regna nei cieli.
Ma il Miracolo delle Rose era giunto al suo fine nella gloria trionfante di sangue e di rose! Alleluia!
Jules Laforgue |